Francesco Lauretta

Tableaux vivants

Alla ricerca del futuro perduto
pastiche di parole senza atto

 

Primo Antefatto (Retroscena)

Nel retropalco, invisibile agli spettatori, una serie di immagini (riprese da una videocamera e proiettate intorno agli spettatori):

La prima è un notturno a Modica (RG), Corso Vittorio Emanuele, finestre della Galleria Laveronica: al di là della prima finestra si intravvede parte di un quadro dove dominano il verde e accenti di rosso, si intuisce un movimento in caduta; accanto, sul muro bianco, il frammento di una scritta al neon -amo per chi- ; la seconda finestra inquadra parte di una costruzione in faggio naturale, una gabbia.

La seconda immagine mostra una scalinata sulla strada di un paese siciliano, si intravede di lato un piccolo cortile con un carrubo, di notte; aria di festa al suo volgere.

Una terza immagine agisce come una lente d'ingrandimento sulle parole: Qui si tratta di altro ...tiene enigmaticamente insieme passato e futuro... ...con un “suono” diverso...

La quarta immagine è una foto de L'uomo stella (Francesco Lauretta, 2006).

La quinta immagine mostra dei bambini che corrono incontro al mare. Nello spostamento orizzontale dei corpi dalle gambe leggere, senza gravità, le loro ombre si mutano nel riflesso sulla superficie d'acqua senza profondità.

Le immagini sono disposte in sequenza, su di un fondale bianco, come fotogrammi; vengono illuminate l'una dopo l'altra, a ritmo scostante. L'insieme produce l'effetto temporale della dilatazione, del restringimento, dell’accelerazione, del ralenti; come la velocissima successione dei finestrini illuminati di un treno in corsa. Suoni in presa diretta sulla realtà sonora, che cattura contesti infantili, sciacquio, battiti dal rumore metallico.


Secondo antefatto

Luce a giorno.

Tutta la scena è occupata da un'immensa tela distesa orizzontalmente sul piano, dal proscenio al fondo del palcoscenico, che lascia scoperto il muro. La tela viene alzata e dispiegata a riempire completamente il boccascena.

Bambini corrono su di un piazzale assolato, che occupa la metà inferiore del quadro. Il bianco immobile e materico del suolo è mosso solo dalla luce, e le ombre delle figure provocano dei mancamenti, una sorta di cedimento del terreno. La metà superiore è colmata dall'azzurro del cielo, che presta una esigua striscia di sé al mare. Dettagli urbanistici sobri e verticali sembrano vegliare sul movimento delle figure. L'azione si svolge altrove, i bambini vivono un accadimento senza finalità. Lo spazio tra i loro corpi e il suolo assolato incarna la sospensione della loro condizione, lieve.

Lungo la linea di ribalta una scritta al neon, in corsivo: Il più bel quadro della nostra vita (2007).

Buio

 

VOCI di A. e B.

Primo tempo: Ur-Geräusch, il suono è un ricordo

B.: Siamo ad un inizio, come prima di ogni cosa. Con mille e un sogno dietro di noi e senza azione. Guarda e ascolta, sotto lo sguardo delle parole.

Un tempo in cui si narra senza voce, in cui suoni e immagini sono come la parola perduta, che poco prima era ancora sulle nostre labbra: non si può mai recuperare interamente quanto si è dimenticato. Ed è un bene, perché lo shock del riavere sarebbe talmente distruttivo che dovremmo smettere all'istante di comprendere il nostro anelare. Così invece lo comprendiamo, e tanto meglio quanto più profondamente il dimenticato giace in noi. Come la parola perduta...

A.: Una sorta di “déjà-vu”?

B.: Si dovrebbe forse parlare di circostanze che ci colpiscono come un'eco, il cui suono originario sembra essere stato emesso nell'oscurità della vita anteriore. A ciò corrisponde il fatto che lo shock con cui un istante si presenta alla nostra coscienza come già vissuto, ci colpisce per lo più sotto la specie di un suono. È una parola, un fruscio o una vibrazione, ai quali è stato conferito il potere di rapirci nella gelida cavità del passato, la cui volta sembra rimandarci il presente solo come un'eco.

A.: Ma anche come un'ombra...

B.: Parole, ombre e silenzi che il futuro ha dimenticato presso di noi. Nomi dell'infanzia dimenticati. L'essere stati taciuti tanto a lungo li ha trasfigurati.

 

Secondo quadro scenico: l'Infanzia è un luogo

A.: Qui il tempo è un luogo.

B.: … e il suono è spazio. La traccia sonora preme sulla pelle prima ancora di arrivare all'orecchio, avvolge lo sguardo e lo sottrae al senso unico, lo sparpaglia nello spazio...

L'esperienza di un luogo si è sedimentata nelle forme di tre bambini. Il suono, memoria del futuro, scorre attraverso il vuoto cerchio di una forma di pane.

Immagina un gruppo di persone diverse e prova a pensare: questo gruppo, tenuto insieme e unito, viene colpito fulmineamente da un avvenimento. E su tutti i volti si colgono nelle più fini sfumature gli effetti di qualcosa di grande e incredibile; nei vecchi è stupore, nelle giovani è trasfigurazione e nei bambini è la fiducia che il giorno seguente potranno comprendere. E poi tra le loro mani vediamo sorgere: nei vecchi il dubbio, negli uomini la paura, nelle giovani la nostalgia: le mani dei bambini ripetono quasi inconsapevolmente il gesto del miracolo, a loro del tutto estraneo, e ripetendolo possono comprenderlo più facilmente.

Improvvisamente il tuo sguardo si abbassa: i loro abiti di luce ti abbagliano. Il tuo occhio cade con ali mezze bruciate sulla strada. Una strada blu polvere velata, che li sospinge e li porta come in trionfo.

A.: Sembrano poggiare su di una smagliatura del tempo, una fenditura tra passato e futuro, e vedere avvicinarsi a loro da lontano tutto ciò a cui tengono di più...

B.: Sono nello spazio, dalla loro finestra escono sbalzati dalla strada nella semioscurità, si avvicinano al tuo sguardo. I loro corpi cercano lo sguardo di chi osserva. L'occhio che si posa sui bambini aderisce alla superficie pittorica, si fa tutt'uno con le figure; quando tocca i muri, la strada, rischia invece di sgretolarli.

A.: Sostano in un tempo in cui un fiume di anni separa la loro età dalla sponda dell'essere adulto; eppure senti che quell'essere già esiste, da qualche parte.

B.: Perché il futuro penetra in noi per trasformarsi molto prima di accadere. Perciò è importante essere soli e attenti: il momento in apparenza vuoto e rigido in cui il futuro entra dentro noi, è molto più vicino alla vita di quell'altro momento rumoroso che accade per caso e come se venisse dall'esterno. Ma è necessario essere soli, come si è soli da bambini.

A.: Questo luogo ha i tratti dell'avvenire: il passato vi è aperto verso il futuro?

B.: La strada è come un tempo in cui il presente risuona d'armoniche strane, fatte del rumore delle età; l'immagine intima di ciò che è stato. La strada con la sua velatura d'acqua che conduce all'origine è sì una strada a ritroso, ma a ritroso verso qualcosa di futuro che, sebbene nel frattempo trascorso e stravolto nella sua idea, mantiene più visibile la promessa.

Un viaggio a ritroso nel tempo fino all'infanzia nella sua dimensione assolata(mente) magica. Origine è la meta; ed è ciò che scaturisce dal divenire.

Ma non sono gli eventi a tessere il filo delle storie, bensì i loro echi e le loro onde di risonanza, che, come i suoni di questo luogo, costruiscono una geometria di forme dell'assenza.

Come il grido rende udibile il silenzio che infrange, la dissonanza appare come la soglia di un'armonia altra, aperta, nella quale l'opposizione tra consonanza e dissonanza viene superata.

I ricordi sono vaghi come presentimenti, e l'esser considerati trascorsi li rende quasi futuri: riprendere su di sé tutto ciò, e questa volta realmente. Prendere su di sé il lavoro dell'infanzia. Imparare a vedere i rumori, ascoltare i colori.

 

Terzo tableau: Ci sono colori splendidi

A.: Il Vedere accade quando una cosa grigia lascia intravvedere di essere interiormente piena di toni - suoni e colori. La sostanza del colore è la materia del tempo ritrovato.

B.: Nel cielo, con un monile, in un libro, mi perdevo nei colori: Celeste, Blu primario Cyan, Aureolina, Giallo cadmio arancio, Giallo di cromo limone, Bianco d'argento, Carminio d'Alzarina, Rosa oltremare, Rosa Kokoschka, Violetto permanente rossastro, Violetto di cobalto imit...

I bambini sono preda del colore ovunque.

A.: Squarci colorati nell'intonaco bianco della galleria...

B. : Il bianco, passato e ripassato, ha fatto il suo lavoro, ha dato lume e sfondato lo spazio. I toni stanno tra loro in interiori rapporti - Bruno van Dyck, Stil de Grain bruno, Verde ossido di cromo...

A.: A volte vorremmo dispiegare i tessuti così che le immagini e i colori che il tessitore ha concepito ricevessero senso dagli sguardi e dalle relazioni, che sono come veli di vernice ad acqua lucida oppure opaca.

B.: Sono tessuti animati dal sentire; mondi affettivi abitano nelle loro pieghe, modellate da una pittura che impasta il tempo che scorre: le velature si stendono come sottili sfoglie e danno sapore alla qualità del film pittorico.

Poi può accadere di tutto.

 

Quarta visione: traiettorie dello sguardo, su Stelle cadute

A.: Uno scrittore alla ricerca del tempo perduto nel lettore ha cercato un lettore di se stesso; intendeva porgergli una lente d'ingrandimento, e fare dello sguardo uno specchio.

Questi bambini cercano forse allora uno spettatore di se stesso?

B.: Vedere è accettare l’esperienza di essere guardati da ciò che si vede.

A.: Ma è un modo di guardare che non sembra scorgere nemmeno la terza parte di ciò che realmente coglie.

B.: Uno sguardo può essere il crocevia di tanti viaggi. Pensa ai bambini che giocano con le ombre. Con le mani creano la forma e l’ombra proiettata offre la figura di un uccello. Ti hanno insegnato che quando esci dalla caverna sai che non stai vedendo un uccello, ma l’effetto ottico prodotto da qualcuno che oscura la luce con le mani. Ma anche se cerchi di non farlo, non puoi fare a meno di riconoscere la forma dell’uccello sul muro. Inoltre riconosci il piacere che ti procura questa auto illusione: il divertimento deriva dal fatto che, sebbene tu sappia che due mani stanno creando la forma, non puoi smettere di vedervi l’uccello. Il tuo stupore è quello di fronte all’incapacità di controllare la tua facoltà di giudizio. I bambini che giocano con le ombre non si deliziano solo nel vedere l’immagine sulla parete, ma anche nel guardare e nell'afferrare l’illusione, nell’imparare come le ombre della mano possano essere trasformate in animali.

E se anche decidiamo ad un certo punto che vogliamo vederle come forme astratte, cioè non illuderci, non possiamo smettere di continuare a cercare di dare un senso alla forma. La consapevolezza di come noi costruiamo significati e questo ineliminabile bisogno di dare un senso all’ombra è essenziale di ciò che significa essere vivi, vivere nel mondo con occhi aperti.

Ma per aprire gli occhi, bisogna chiuderli.

A.: Dunque, invece di aver paura delle ombre della sera, i bambini allegri ne approfittano per divertirsi. E così le loro dita mettono in scena un avvenimento. Un po’ come fa la mano nella stanza accanto, che sfiora la stella.

B.: Si avvicina al divino e insieme è la mano di Dio. Coglie uno di quegli istanti che sono l'eternità vista di scorcio.

A.: Come lui, ognuno ha espresso il suo desiderio vedendo la stella cadere.

B.: Solo pochi però lo sanno ricordare e nel corso della loro vita sono in ancor meno ad accorgersi che si è realizzato.

A.: È il passato futuro de L'uomo stella: un uomo a cavallo, l'animale è mascherato da un addobbo che ne fa un evento festivo, e il clou di questa festa è la stella sopra la sua testa. L'animale sembra palpitare nel suo cerimoniale, l'umano un simulacro.

B.: Qui invece la stella risuona nella mano del bambino. In bilico sulla seggiola di già precaria, sicuro nel proprio spazio tutto il corpo converge verso di lei, resa solida dal suo bianco coronato di petali rossi. Lo sguardo è tutto nell'incanto dell'avvicinamento: alle cinque punte distese, rese inermi, immerse.

Nessuna festa della vita successiva conosce quest'ora che vibra nel cuore del giorno come una freccia. Come un soffio entra nello spazio sommessamente, come da lontano, da altre ere per raggiungerci e trascorrerci sopra. Nei tempi futuri le parole prendono forma ma lo spazio inizia a balbettare, diventa un terreno malcerto.

Als das Kind Kind war... (non sapeva ciò che è la cosa spaventosa)

non riusciva a rappresentarsi il nulla,

ed oggi rabbrividisce al suo pensiero.

A.: Secondo te qualcuno ci sta guardando?

 

Quinto fotogramma: Pittura fotografia film

A.: Chi ha inquadrato i bambini ha ricreato il reale. Lo ha spostato dal suo luogo di origine.

Spetta ai fotografi, archeologi della superficie, estrarre dall'abbondanza infinita un pezzo d'esistenza, un frammento che staccato dal disordine diventa nuovo, puro, mai visto.

B.: Il ritratto della fotografia è il loro riflesso luminoso; non costituisce la loro nascita, l'origine della loro esistenza è nei colori della pittura. Nei gradi dell'ombra e non nelle cose in sé, risiede la loro beltà.

A.: Ma prima vi è una camera oscura: dove la luce diventa forma, crea oggetti, o meglio, dove tra le infinite possibilità delle immagini del mondo esterno una ne viene scelta.

B: Tuttavia la scatola nera è anche la scena, oltre che la memoria dei dati prima di un disastro.

A.: Un fotogramma, piuttosto che una fotografia?

B.: È così. L'immagine è fotogramma di una sequenza. Non è immobile, ma anello tra un prima e un dopo... dove la luce ha un ruolo fatale e come di premonizione, di un idillio assoluto o di catastrofe imminente.

A.: Come ne Il vaso rotto?

B.: Sì, in un certo senso, una tela come schermo.

A.: Anche per questo stasi e movimento non possono scordarsi.

B.: Sono accordati, e la luce è la manifestazione di questo movimento. Questa pittura va incontro ad un destino; il movimento è duplice: lo riporta al suo punto d'origine e lo proietta in avanti, nel futuro.

Le visioni vengono ingigantite – come accade ai ricordi d'infanzia – e impreziosite – come solo il passare del tempo è capace di fare...

A.: E la realtà?

B.: Le realtà premono sempre per essere vissute. Sono lente e indescrivibilmente particolareggiate. Si infrangono e si rivelano nella grana della pittura.

Le cose grate e pronte a servire vogliono portare i nomi che l'artista dona loro. Sono come bambini che ti implorano di portarli in viaggio con te: non comprenderanno tutto, ma migliaia di impressioni casuali e distratte si faranno semplici e belle sul loro viso. Così desiderano essere le cose di fronte alle confessioni dell'artista, quando egli le sceglie a pretesto della sua opera. Tacciono e insieme svelano.

Ma bisogna cercare di avvicinarsi alla realtà muovendosi da direzioni diverse, sperando che quel nucleo di verità profonda non se ne sia già andato via...

La réalité ne peut exister en peinture,

car en général elle n'existe pas sur la terre.

 

Sesto riflesso: Infanzia = pittura

A.: Se l'arte si presenta come una concezione della vita, come si distingue da altre concezioni?

B.: Non è la semplice risultante della propria epoca, bensì appare come la visione del mondo delle cose ultime. Se supponiamo di tracciare in uno schema grafico circolare le diverse concezioni della vita sul piano del futuro, l'arte sarebbe la linea più lunga, il segmento della circonferenza che ci appare diritto, dato che il suo raggio è infinito.

L'artista attraversa i secoli giovane, perché guarda avanti.

A.: Questo modo di essere, questo dispendio continuo di tutti i valori mutevoli ha qualcosa di ingenuo e di istintivo e somiglia a quel tempo dell'inconsapevolezza il cui miglior segno è una felice fiducia, l'infanzia. Non è la dimensione del passato, ma del futuro. L'arte è infanzia, è non trovare mai nulla di compiuto.

B.: Nessuna cosa è più importante di un’altra nelle mani di un bambino. Gioca con uno spillo d'oro o con un bianco fiore di campo. Stanco, li lascerà cadere entrambi senza cura e dimenticherà come gli erano apparsi splendenti rischiarati dalla sua gioia. Non conosce la paura della perdita. Per lui il mondo è ancora il bel guscio entro cui nulla va perduto. E percepisce come sua proprietà tutto quanto gli è capitato di vedere, di sentire, o di udire. Tutto quel che una volta ha incontrato. Non costringe le cose ad insediarsi. Come una schiera di scuri nomadi le cose passano tra le sue mani sacre come attraverso un arco di trionfo. Per un istante si illuminano nel suo amore e poi di nuovo si oscurano rientrandovi. Ma devono attraversarlo. Ciò che una volta risplende nel sentire, vi rimane in immagine e non va più perduto. L'immagine è un patrimonio.

A.: E perciò i bambini sono così ricchi. Ma la loro ricchezza è oro grezzo, non moneta corrente. Così o il nuovo diventa il baluardo che protegge una parte dell'infanzia, oppure diventa il marchio che l'annienta in modo spietato.

B.: O l’artista diventa ragionevole ed entra nell'ordine del suo tempo, oppure matura semplicemente. Se il futuro parla attraverso di lui, la sua epoca non sa come valutarlo e in questo esitare lo perde; e il cuore alato di lui sbatte ovunque contro le mura dell'epoca. Un danzatore il cui movimento si infrange contro le pareti della sua cella.

A.: Qualcuno che diviene, nello spirito di tutti i tempi.

B: Perché l'immagine di forma e colore trasfigura l'esperienza ma anche, nell'audacia della perdita e dello spreco, la acquisisce per sempre. Solo quel che non è costretto ad insediarsi rimane.

He who binds to himself a joy does the winged life destroy, but he who kisses the joy as it flies lives in eternal sunrise.

Noi passiamo, e mi sembra che tutti siano distratti e occupati e non prestino la giusta attenzione al nostro passare. Come se cadesse una stella e nessuno la vedesse e nessuno formulasse per sé un desiderio.

 

Luce gialla

A.: Questa infanzia è la pittura?

B.: No, ma ne è figura. Un'infanzia assolata, dove sempre risuona un luogo e il colore sposa un suono sempre diverso: un presente sonoro e dagli occhi rovesciati, quel frammento del tempo dove il passato si trasforma, o si rovescia, in futuro.

È il tempo con la sua leggerezza, che entra ed esce di scena...

Dire, tradurre in parole l'immagine di un dipinto è impresa sempre delicata, o persino disperata.

E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare. E avere la grande pazienza di aspettare che ritornino.

 

Cristina Grazioli

(Agosto/Settembre 2010, Pozzallo, Argentario, Parigi)

 

 

Pressoché nulla di quanto qui espresso è mio, tranne movimento e direzione impressi agli sguardi e alle voci, ovvero raccordi e montaggio dei pensieri. L'insieme assume per così dire una luce diversa, che muta i rapporti tra le parole incontrate, che hanno catturato la mia attenzione; un tradimento volontario dei frammenti originari, un po' come nel lavoro di Francesco Lauretta. Gli amorevoli furti sono stati perpetrati ai danni di: Roland Barthes, Giuseppe Bartolucci, Samuel Beckett, Walter Benjamin, William Blake, Diego Dall’Osto, Giorgio De Chirico, Valeria De Simoni, Georges Didi-Huberman, Enrico Ganni, Elio Grazioli, Peter Handke, Furio Jesi, William Kentridge, Søren Kierkegaard, Francesco Lauretta, Filippo Tommaso Marinetti, László Moholy-Nagy, Giulio Paolini, Roberto Pinto, Marcel Proust, Rainer Maria Rilke, Rosamaria Salvatore, Peter Szondi, Karine Winkelvoss, Teresa Zuccaro.